Guglielmo Rapino ci racconta come ha deciso di lasciare il suo lavoro di consulente legale per la cooperazione. Oggi è cooperante in Congo.
Il sogno dell’avvocato di strada
Da adolescente sognavo di fare l’avvocato di strada, come Michael Brock nel romanzo di Grisham. Crescendo poi sono stato travolto dal percorso “standard”, finendo in uno studio legale dove si faceva di tutto tranne che assistere chi viveva in strada.
È così che un giorno ho deciso di tornare ad avvicinarmi a quel sogno nato nella fantasia dei quindici anni. Mi sono trasferito in una comunità di accoglienza per persone senza fissa dimora in Italia, prestando servizio gratuito come consulente legale e collaboratore nei servizi sociali.
Dopo quell’esperienza ho scelto di vivere un anno di servizio civile universale in Bolivia con la stessa organizzazione, l’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII. Tra le Ande ho scoperto la bellezza di lavorare a progetti di assistenza sociale e sviluppo comunitario integrato, in contesti lontani dal nostro modo di vivere europeo.
Credo sia qui che ho veramente capito che avrei voluto vivere di cooperazione, conciliando una curiosità naturale verso le diversità culturali e la volontà di partecipare ai processi di autonomizzazione delle comunità locali.
Prendersi il tempo per capire una scelta di vita
Prima di partire per la Bolivia, come dicevo, ho vissuto un anno come volontario residente nella casa di accoglienza “Capanna di Betlemme” di Chieti, in Abruzzo. E prima ancora di trasferirmi lì ho viaggiato per un paio di mesi, scoprendo realtà di vita comunitaria alternativa in Italia e nei Balcani.
Questo viaggio in tenda e autostop in solitaria mi è servito per capire il senso della scelta che avevo fatto, del perché. Lasciare la vita comoda del consulente legale non è stato facile ma il giorno che mi sono ritrovato a chiudere lo scatolone con tutti gli oggetti della scrivania ho sentito un sentimento di leggerezza su tutto il corpo.
Sentivo che stavo seguendo la strada giusta, quello che corpo e mente mi chiedeva. Non sapevo ancora dove sarei andato ma nell’incertezza sentivo nascere le mille possibilità della felicità. Il viaggio in solitaria mi è servito a incanalare queste sensazioni verso un percorso (anche professionale) nuovo.
Dalla Bolivia al Congo
AMKA porta avanti da circa 20 anni progetti di sviluppo integrato nella regione del Katanga, nel sud della RD Congo, nei settori della salute, dell’istruzione, della lotta alla malnutrizione e dell’empowerment femminile. Ci siamo ritrovati a parlare sulle possibilità di collaborare ancora ed è così che è nata la scelta di svolgere una nuova missione sul campo, più lunga e con nuove responsabilità.
Ho deciso di partire per la Repubblica Democratica del Congo un paio di mesi prima di terminare la missione a La Paz.
Et voilà, sono undici mesi che vivo a Lubumbashi, sicuramente la città più intensa, caotica e colorata tra quelle respirate sino ad ora.
Qui sono responsabile dei progetti di sviluppo integrato di AMKA. I progetti riguardano i settori della salute, dell’istruzione, della lotta alla malnutrizione e dell’empowerment femminile.
Consigli per aspiranti cooperanti
Il consiglio che darei agli aspiranti cooperanti è di fare esperienze sul campo, il più a lungo possibile, anche durante gli studi, anche gratuitamente.
Nei percorsi di volontariato ci si ritrova a vivere esperienze intense tanto da un punto di vista umano quanto da un punto di vista professionale. Sono delle vere palestre di mediazione e professione. Inoltre, permettono di acquisire gli strumenti fondamentali per avvicinarsi ad una cultura nuova cogliendone sfumature e diversità, senza pregiudizio.
Poi direi di studiare; approfondire le tecniche che riguardano il ciclo progettuale e i sistemi di monitoraggio. Solo così si potranno raggiungere risultati tangibili nei singoli progetti che man mano verranno seguiti durante il percorso.
Ultimo ma non meno importante: non aver paura di scegliere una strada diversa. Spesso la cooperazione spaventa perché “non dà certezze”, perché è un percorso difficile e non offre stabilità. Ecco, questa instabilità può essere emozionante in maniera sconvolgente. Se è questo il richiamo che si sente è giusto seguirlo senza tentennare; in questo sono d’accordo con Don Benzi, “le cose belle prima si fanno e poi si pensano”.